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Quando e come smettere di allattare: i consigli dell’esperta

Per ciascuna donna arriva un momento in cui, volontario o meno, l’allattamento volge al termine. Ma è possibile smettere di allattare in maniera delicata senza stress per mamma e bambino? Lo abbiamo chiesto alla Dottoressa Angela Valletta, Vicepresidente A.p.s.RORA.

L’OMS e l’Unicef raccomandano di allattare al seno il bambino, integrando con altri alimenti, fino ai 2 anni di età, ove sia possibile per la mamma. Decidere d’interrompere l’allattamento può avere svariate motivazioni e la donna non deve sentirsi in colpa se ad un certo punto decide di concludere questa esperienza meravigliosa. Cosa può dirci al riguardo?

Molte mamme che stanno allattando bimbi di un anno o più si chiederanno per quanto tempo ancora durerà l’allattamento e se sarà compito loro decidere e prendere l’iniziativa d’interromperlo in un determinato ( ma indefinibile) momento, nel timore che il bambino non smetterà da solo.

In effetti, nella nostra cultura, non è comune che i bambini possano poppare finchè ne hanno bisogno. Solitamente è la mamma che decide che è arrivato il momento di smettere di allattare, spesso dietro pressioni esterne ( principalmente da parte dei familiari o pediatri poco informati) piuttosto che per esigenza propria.

Ma lentamente qualcosa sta cambiando e sempre più mamme scelgono di dedicarsi all’allattamento finchè il bambino e loro stesse lo desiderano. Non è infatti un caso che le raccomandazioni scientifiche non pongano limiti alla durata dell’allattamento: è naturale che i bambini poppino per anni e non per mesi e questo offre vantaggi anche per le madri! Per le mamme che scelgono lo svezzamento naturale, non è possibile indicare un “momento giusto” proprio perchè non si può predire quando il bambino si svezzerà definitivamente dal seno.

Allattamento al seno materno
Allattamento al seno materno

E’ doverosa una precisazione: il termine “svezzamento” ancora ampiamente  utilizzato nel gergo comune, letteralmente significa “togliere il vezzo” ovvero “togliere un vizio“. Tale associazione è assolutamente infondata in quanto l’allattamento non può e non deve essere considerato un vizio ma un’esigenza naturale del bambino di alimentarsi.

Nel 2016 il Ministero della Salute ha introdotto il termine divezzamento ( più propriamente avvio all’alimentazione complementare). S’intende il passaggio da un’alimentazione esclusivamente lattea ad un’alimentazione semi-solida e poi solida, caratterizzata dalla progressiva introduzione dei cosi detti “alimenti complementari”, cioè alimenti diversi dal latte. Questo passaggio deve avvenire nel momento in cui l’alimentazione lattea, da sola, non è più sufficiente a soddisfare le richieste nutrizionali del lattante, per quanto riguarda l’apporto di energia, proteine, ferro, zinco e vitamine.

In linea generale cosa si può consigliare ad una mamma che allatta e sta valutando si svezzare completamente il proprio bambino?

Alle mamme che stanno pensando di passare ad una alimentazione esclusivamente solida consiglierei intanto di abbandonare l’idea di dover seguire schemi rigidi e di fare in modo che anche questa esperienza possa essere il più possibile naturale e poco traumatica per lei e il suo cucciolo. Per fare ciò è necessario tanto impegno, amore,pazienza  e fiducia nel proprio bambino.

Se una donna decide di concludere l’allattamento del figlio quanto tempo deve preventivare affinchè tutto possa avvenire dolcemente e senza traumi per il bambino che magari invece dimostra ancora interesse alla poppata?

Proprio perchè si tratta di un processo naturale, in cui agiscono molti fattori, è difficile predire come avverrà. Comunque, di solito, se il divezzamento segue ritmi spontanei e non condizionati da pregiudizi, raramente avviene da un giorno all’altro ma può richiedere anche dei mesi per arrivare a compimento.

Se una donna volesse continuare ad allattare, ma è fortemente stressata e tesa a causa di ritmi di lavoro e familiari onerosi, è consigliabile suggerirle di proseguire con l’allattamento per non incorrere in sensi di colpa o si corre il rischio che questo stato d’ansia venga trasmesso al piccolo attraverso il latte?

L’ostetrica da sempre rappresenta la figura più adatta a sostenere ed incoraggiare la donna nelle sue scelte. In un momento così delicato ed importante come l’allattamento e il suo termine tale  figura professionale è estremamente importante. L’allattamento rappresenta non solo un momento di grande intimità tra madre  e bambino, ma anche un momento in cui la loro relazione si consolida attraverso un forte contatto fisico ed  emozionale.

In virtù di questo, uno stato d’animo materno angosciato e preoccupato si può ripercuotere sul modo di vivere tale momento sia per la madre che per il bambino rendendolo meno piacevole. L’ostetrica valuterà assieme alla donna quanto effettivamente le sue angosce si riversino nel rapporto con il proprio bambino (presupposto per la buona riuscita dell’allattamento). Cercherà  di capire se queste difficoltà siano superabili al punto da consentirle di proseguire con l’allattamento.

Molte donne temono, interrompendo l’allattamento, ingorghi e dolori. In commercio esistono farmaci per bloccare la produzione di latte. Quali sono i pro e i contro di questi medicinali? E circa le fasciature? Quali accorgimenti di potrebbero adottare quindi per smettere di allattare in maniera del tutto naturale e indolore per mamma e bambino?

Come smettere di allattare?
Come smettere di allattare?

Secondo quando riportato dall’Agenzia Italiana del Farmaco, la cabergolina impedisce la lattazione fisiologica attraverso l’inibizione della secrezione di prolattina. Potrebbe essere indicato per la prevenzione della lattazione fisiologica subito dopo il parto e per la soppressione della lattazione in corso:

  • Dopo il parto, quando la madre sceglie di non allattare il bambino
  • Quando l’allattamento è controindicato per motivi medici collegati alla madre o al neonato
  • Dopo un aborto

In entrambi i casi, più precoce sarà la somministrazione maggiore sarà la percentuale di riuscita del trattamento. Studi scientifici dimostrano come il principio attivo del farmaco, nei ratti, venga escreto nel latte. Non si hanno invece sufficienti informazioni sull’escrezione nel latte materno. Tuttavia di deve consigliare alle donne di non allattare in caso di non riuscita dell’inibizione dell’allattamento.

La cabergolina, come altri farmaci, potrebbe causare l’insorgenza di effetti collaterali dopo l’assunzione. Essendo classificata nella categoria di rischio L3, ossia moderatamente sicura in corso di lattazione, il suo utilizzo deve essere indicato solo in casi specifici, non essendo ancora presenti sufficienti controlli.

Occorre precisare quindi che, qualora non ci siano delle precise indicazioni mediche nell’immediato post -partum, tale farmaco non andrebbe assunto nei mesi successivi al parto come metodo per interrompere la produzione di latte in concomitanza con l’avvio dello svezzamento.

Esistono infatti delle valide alternative per far si che questo avvenga in modo semplice e senza stress. In questo modo si ridurrà anche il rischio per la mamma di andare incontro ad ingorghi o mastiti (come risolvere un ingorgo mammario).  Uno di questi è senza dubbio quello di uno svezzamento graduale in cui si va a ridurre il numero delle poppate. Svezzare eliminando una poppata quotidiana ogni due o tre giorni, consentirà alla produzione di latte di diminuire gradatamente, evitando i seni spiacevolmente pieni. Questo sistema darà alla madre la possibilità di assicurare al bambino le attenzioni in più che vanno a sostituire l’intimità che condividevano durante la poppata.

Riguardo all’uso della fasciatura del seno non ci sono studi che ne comprovino l’utilità e l’efficacia.

Talvolta si sente suggerire di dire al bambino che si ha “la bua” o di mettere un cerotto al seno. Meglio essere sincere sopratutto se il bambino ormai comprende e dialoga o si possono adottare anche stratagemmi del genere?

Per un divezzamento sereno è molto importante che la madre abbia bene chiare le sue emozioni e le sue sensazioni riguardo a questo “delicato passaggio“. Una donna decisa potrà trasmettere più facilmente la sua decisione al bambino utilizzando i canali migliori secondo il loro modo di relazionarsi e comunicare.

Un’osservazione importante va fatta anche sul “timing” in cui la mamma sta affrontando tale decisione. Se infatti il bambino ha un’età inferiore all’anno, sarà lei a dover interpretare i suoi segnali. Se invece il bambino è già in grado di esprimersi tutto sarà più facile, potendo avere un dialogo più diretto con lui.

Ci sono piccoli accorgimenti  perchè l’armonia e l’intesa tra mamma e piccolo possano trovare una modalità nuova che vada a sostituire la poppata?

Per evitare ripercussioni sulla relazione madre – bambino e sulla gestione del seno ( ingorgo, mastite, ecc) è di vitale importanza la gradualità con cui tutto avviene. Quello che si consiglia è di ridurre il numero di poppate come detto precedentemente. Poco alla volta  si sostituiranno  quei momenti con una parte ludica e altre forme di interazione, quali  coccole, abbracci, baci. Non dimentichiamoci infine di farsi aiutare anche dal papà.

 

 

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