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Autosvezzamento, così si rivoluziona l’approccio dei bambini ai primi pasti

Dallo svezzamento all’autosvezzamento il passo è breve,  stando a quanto ha spiegato all’agenzia Dire Francesco Macrì, professore aggregato di Pediatria dell’Università “La Sapienza” di Roma. Il professor Macrì, membro del consiglio direttivo della Sip (Società italiana di pediatria) e vicepresidente della Siomi (Società italiana di omeopatia e medicina integrata), ha svelato una modalità recente per l’alimentazione complementare del bambino, che potrebbe rivoluzionare l’approccio dei bambini ai primi pasti.

Autosvezzamento, ogni bimbo decide cosa mangiare

L’autosvezzamento prevede che, a partire dal 6° o 7° mese di vita, il marmocchio possa partecipare al pasto della famiglia e decidere cosa e quanto mangiare. Oltre al latte materno o artificiale naturalmente, che non deve mai mancare. Addio, quindi, all’approccio tradizionale orientato alla preparazione di minestrine e pappette specifiche.  Per far funzionare al meglio le cose è “necessaria una fase di arruolamento. Il bambino deve essere messo a tavola con la famiglia, con i genitori, in modo che veda ed apprenda come si usano le posate. Una volta che il bambino abbia appreso l’uso per imitazione  gli si consente di partecipare in modo autonomo”.

“A livello ufficiale – ha spiegato a Dire proprio il professor Macrì – l’Organizzazione Mondiale della Sanità non supporta la strategia dell’autosvezzamento. In realtà, però, i primi Paesi che l’adottarono furono il Regno Unito e l’Irlanda, e adesso si sta diffondendo in tutti i Paesi europei. I dati mostrano che non ci sono dei vantaggi importanti, ma non ci sono neanche degli svantaggi. La cosa fondamentale – ha aggiunto – è garantire che l’apporto nutrizionale sia adeguato”.

Autosvezzamento, ecco gli obiettivi

L’obiettivo dell’autosvezzamento è quello di “migliorare le dinamiche di relazione all’interno della famiglia e migliorare lo sviluppo dei gusti del bambino. Così facendo il bimbo sceglie in modo autonomo cosa mangiare e può sviluppare i gusti in modo diversificato rispetto al piccolo che mangia solo le pappette”. E’ una pratica che peraltro riduce inoltre l’ansia materna nei confronti del processo dello svezzamento. Fa riflettere, a detta del prof. Macrì, “il dato che i bambini alimentati con l’autosvezzamento corrano minor rischio di obesità negli anni successivi. Ci sono degli studi che mostrano come questi bambini abbiano un peso inferiore rispetto a quelli svezzati in modo tradizionale”. Il professore ha infine precisato che “i dati di letteratura in proposito non sono abbondanti e non sono neanche univoci. Non ci sono delle conclusioni – ha affermato il pediatra – ma sappiamo che questa scelta è maggiormente diffusa tra le famiglie con un più elevato livello socioculturale”.

Il professor Macrì

Autosvezzamento, gli inconvenienti

Gli inconvenienti dell’autosvezzamento ci sono. Scopriamo quali. Su tutti “il rischio di soffocamento, se il bambino prende cibi solidi e li manda giù senza che siano stati frammentati o frullati”.
Macrì ha peraltro ricordato di fare attenzione su alcuni aspetti legati ai valori nutrizionali: “Sembra che il bambino che segua l’autosvezzamento prediliga i carboidrati e questo può far emergere il rischio che ci sia un apporto calorico ridotto. Si è inoltre segnalata una mancanza di ferro” e per sopperirvi è nata una variante della “Baby led weaning”, che si chiama Bliss (Baby-Led Introduction to Solids), in cui nel pasto scelto dal bambino viene aggiunto ogni giorno un alimento più ricco in ferro.
Al momento l’autosvezzamento sembrerebbe trovare spaccati i pediatri italiani: “C’e’ un atteggiamento di confronto tra la pediatria tradizionale e quella innovativa” ha concluso il prof. Macrì, anche se i favorevoli sono all’incirca la metà. Non male, però, per un’innovazione certamente recente.

 

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