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Nascita Lotus Birth, ne parliamo con l’ostetrica

Il Lotus Birth o così chiamata nascita Lotus è una modalità di parto che non prevede il taglio del cordone ombelicale alla nascita. Si attenderà il distacco naturale della placenta dal bambino nei giorni successivi. Abbiamo voluto approfondire insieme alla dottoressa Federica Persiani, responsabile della commissione redazione A.p.s. RORA, questo tema per indagare e capire quali siano i possibili benefici e quali gli eventuali rischi di questo tipo di nascita.

Qual’è l’origine della pratica Lotus Birth?

La parola “Lotus Birth” si riferisce  a quella pratica caratterizzata dalla mancata recisione del cordone ombelicale dopo la nascita, in attesa della naturale separazione del cordone dalla placenta. L’origine di questa pratica, e del suo nome, è attribuita all’infermiera californiana Clair Lotus Day che nel 1974 decise di non tagliare il cordone del proprio bambino, portando così negli anni alcune donne e coppie a proseguire la sua scelta. Nell’attesa che avvenga la separazione, la placenta segue il neonato. La placenta viene post in un sacchetto o bacinella, alle volte cosparsa di sale oppure olii profumati per cercare di attutire gli odori emanati dall’organo stesso. La separazione avviene generalmente tra i 3 e i 10 giorni successivi al parto per un processo di essicamento e quindi di distacco del cordone.

I sostenitori del Lotus Birth lo considerano il modo più naturale di venire al mondo, perchè sostengono che il distacco della placenta avvenga quando si è concluso il rapporto con il bambino. Quali sono i presunti benefici di questa modalità di nascita?

I sostenitori del Lotus Birth sottolineano l’importanza che la pratica assumerebbe in termini di rispetto dei processi fisiologici e naturali, permettendo al neonato di avere un più tranquillo inserimento alla vita e promuovendo il “diritto alla salute”.

Tra i benefici sostenuti dalla pratica, ci sarebbero inoltre quelli di favorire l’afflusso di sangue placentare verso il feto con riduzione dei rischi di anemia nei giorni successivi al parto, un maggior quantitativo di cellule staminali e un miglioramento dell’adattamento cardio – respiratorio. Ridurre il rischio di trasfusione e di stress respiratorio nei prematuri permette una migliore guarigione della cicatrice ombelicale, nonchè favorisce un migliore imprinting lasciando andare in maniera non “violenta” quello che viene considerato come un gemello interiore del bambino, ossia la placenta. (lotusbirth.it/benefici.html)

Le linee guida ministeriali sul parto non contemplano questa procedura, come tale non riconosciuta a livello nazionale. Quali sono i possibili rischi ai quali si potrebbe incorrere?

La SIN ( Società Italiana di Neonatologia) ha dichiarato come al momento non esista alcuna ricerca che abbia dimostrato un beneficio derivante dalla tecnica, riportando come il presunto vantaggio di un maggior passaggio di sangue al feto cada nel momento in cui il cordone ombelicale cessa di pulsare.

Il rischio è sopratutto quello legato all’insorgenza di possibili infezioni, dato che la placenta dopo la nascita diventerebbe un tessuto ormai morto e quindi maggiormente soggetto a processi flobogistici che potrebbero di conseguenza arrivare a colpire il neonato, come riportato dalla Royal Collage of Obstetricians and Gynaecologits. La SIN esclude così la possibilità a questa pratica. ( De Curtis Mario. La Lotus Birth. Aspetti medici e legali – SINFORMA, Magazine della Società Italiana di Neonatologia N° 45- marzo 2017).

Nascita Lotus birth, il cordone non si recide, placenta e neonato restano legati fino al naturale distacco cordone neonato © instagram/senhoritasfotografia
Nascita Lotus birth, il cordone non si recide, placenta e neonato restano legati fino al naturale distacco cordone neonato © instagram/senhoritasfotografia

In relazione alla mancanza attuale di ricerche scientifiche a supporto della pratica, i sostenitori del Lotus Birth sottolineano come la bassa frequenza di casi Lotus a livello clinico all’interno di strutture ospedaliere ostacoli il processo di studio e campionamento. (Pignatta Valerio. Lotus Birth. Passaggio a questa vita, senza fretta. Scienza e Conoscenza. N° 26).

La placenta viene considerata un rifiuto speciale. Come ci si comporta anche in questo caso?

Questa rappresenta un’altra questione aperta riguardo la possibile attuazione di tale pratica. Il DPR 254/2003, “Regolamento recante disciplina della gestione dei rifiuti sanitari a norma dell’articolo 24 della legge 31 luglio 2002, n.179 divide i rifiuti in sette categorie:

  1. rifiuti sanitari non pericolosi;
  2. rifiuti sanitari assimilabili agli urbani;
  3. rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo;
  4. rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo;
  5. rifiuti sanitari che richiedono particolari modalità di smaltimento;
  6. rifiuti da esumazione;
  7. rifiuti speciali prodotti al di fuori di strutture sanitarie che come rischio risultano analoghi ai rifiuti sanitari a rischio infettivo.

Analizzando proprio i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo, questi vengono definiti come

contaminati da sangue o altri liquidi biologici che contengano sangue in quantità tali da essere visibile…

possiamo comprendere come la placenta dovrebbe essere inserita in tale categoria.

Tuttavia l’avvocato Chiara Lombardo nell’articolo “La placenta appartiene alla donna” pubblicato sulla rivista D&D- il giornale delle ostetriche, N° 62/ 2008, analizza in maniera dettagliata l’argomento della placenta/rifiuti in termini legislativi.

Afferma come ” la donna che ha partorito non solo è proprietaria della placenta espulsa ma ne è anche la produttrice e come tale, informata della tipologia di rifiuto di cui richiede la disponibilità effettiva nonchè delle attenzioni che deve adottare dallo stesso, potrà ritirare la placenta sana, diventando così gestrice del proprio singolo “rifiuto” senza incorrere in alcuna violazione penale o amministrativa

, adottando ovviamente determinate cautele per il trasporto della placenta e alla non dispersione nell’ambiente.

Anche la SIN tratta dell’argomento riportando come la placenta sia categorizzata come rifiuto speciale e come tale siano previste delle tecniche precise di smaltimento che rendono impossibile la fuoriuscita dall’ospedale. ( De Curtis Mario. La Lotus Birth. Aspetti medici e legali – SINFORMA, Magazine della Società Italiana di Neonatologia N° 45- marzo 2017).

Inoltre bisogna ricordare che, anche nei casi in sui sia redatto un consenso informato apposito per l’applicazione del Lotus, non si escludono responsabilità professionali da parte del medico e dell’ospedale, nel caso di danni a carico del neonato ( Offidani Caterina. Il punto di vista medico legale. Pediatria , n°7 – 2017).

Tutto questo non esclude, alla luce di quanto esposto, la possibilità da parte della donna di richiedere che non venga reciso il cordone o che non esistano ospedali in Italia dove tale pratica viene attuata. Un esempio è rappresentato dall’ospedale di Forlì nel quale, seguendo dei precisi protocolli per medici ed ostetriche, è possibile per la donna tornare a casa con la placenta del proprio bambino.

Diversa dalla realtà ospedaliera è invece quella dei parti in casa. Nel caso in cui si scegliesse di attuare questa tecnica, la SIN raccomanda una stretta osservazione del neonato “per identificare precocemente segni clinici di infezione”.

Chi sostiene la nascita Lotus Birth parla di rendere meno traumatica la nascita, più naturale…

Si, i sostenitori di tale pratica pongono al centro l’importanza del legame esistente tra il neonato e la placenta e riconoscono nell’attesa di un distacco naturale, la giusta conclusione di tale legame durato 9 mesi, durante i quali la placenta ha svolto il ruolo di tramite tra madre e neonato. La placenta rappresenta in qualche modo le prime radici impiantate dal neonato, il radicamento in quello che è il primo luogo abitato, l’utero materno.

Lotus birth, il cordone non si recide, placenta e neonato restano legati fino alla naturale essicazione del cordone © instagram/davina_thompson
Lotus birth, il cordone non si recide, placenta e neonato restano legati fino alla naturale essicazione del cordone © instagram/davina_thompson

Dal punto di vista fisiologico la placenta è quell’organo grazie al quale si attuano processi respiratori del feto e l’apporto di sostanze e nutrienti. La placenta umana rappresenta un tipo di placenta molto invasiva, in relazione al maggior apporto di sangue che deve giungere al feto. Viene definita di tipo emo – coriale; il sangue materno e quello fetale non vengono mai  a  contatto tra loro.

Bisogna ricordare che fin dall’antichità, la placenta ha avuto un ruolo importante nella tradizione del parto. Diversi popoli la seppelliscono così da poter legare per sempre il bambino alla terra in cui è nato, oppure sotto ad un albero di modo da rendere più copiosi i suoi frutti.

Volgiamo adesso invece lo sguardo al mondo animale, rappresentante da sempre del ciclo naturale della vita. Sul sito del Lotus Birth Italia possiamo leggere e visionare immagini di una mamma scimpanzè, che dopo il parto del suo cucciolo, non recide il cordone ombelicale, trasportando il suo piccolo e la sua placenta.

Tuttavia la maggioranza dei mammiferi, anche erbivori, dopo il parto mangiano la placenta appena espulsa, così da recuperare energie perdute ed allontanare eventuali predatori. Questo ci fa capire così come, nella maggior parte dei casi presenti in natura, la recisione del cordone avvenga in prossimità del parto, cambiano solo le modalità e chi pratica la separazione.

Pratiche da adottare per rendere un parto dolce, naturale e rispettoso non potrebbero essere invece mettere subito il bimbo a contatto con la pelle della mamma finchè non si attacca al seno, lasciarlo sempre con lei?

Assolutamente si, si e ancora si. Negli ultimi anni è stata sempre maggiore l’attenzione volta ad un’incentivazione della fisiologia all’interno del percorso  nascita, al fine di rispettare madre e bambino e favorire a pieno il loro benessere, nonchè l’adattamento post – natale del neonato.

Una delle raccomandazioni  dell’Unicef per gli ospedali amici del bambino è quella ” di porre il neonato a contatto pelle a pelle con la madre per almeno un’ora dopo il parto“. ( Dichiarazione congiunta OMS – Unicef. L’allattamento al seno: protezione, incoraggiamentfavoritao e sostegno. L’importanza del ruolo dei servizi per la maternità. 1989)  Il contatto skin to skin offre infatti notevoli vantaggi favorendo una prima colonizzazione della cute del neonato con la flora saprofitica materna. Viene favorita la termoregolazione  del neonato attraverso il corpo materno. Viene incoraggiato da subito il processo di bonding ( attaccamento) tra madre e bambino in quello che viene chiamato “periodo sensibile. Così facendo realmente si regala al neonato un passaggio armonico e sereno dalla vita intrauterina a quella extrauterina.

Il contatto precoce offre un altro importantissimo beneficio, ovvero quello di favorire l’allattamento al seno. Posto sul corpo materno riconosce la sua mamma, ritrovando l’odore e i suoni a lui familiari. Il suo respiro si regolarizza e se lasciato tranquillo potrà iniziare quella che è la ricerca del seno materno ( Brest Crawl) affidandosi ai suoi sensi e al suo istinto.

L’OMS e l’Unicef promuovono inoltre la pratica del rooming -in come strumento di sostegno e buon avviamento dell’allattamento. Il rooming – in permette alla mamma e al bambino di restare insieme 24 ore su 24 durante la permanenza in ospedale.  Viene sostenuto così da subito l’empowerment della mamma nel prendersi cura del proprio bambino in maniera continua e facilitando l’allattamento a richiesta.

Leggendo la naturalità di queste pratiche forse sembrerà a molti scontato la loro attuazione, ma al giorno d’oggi ci si batte ancora molto perchè ogni in punto nascita tali pratiche divengano la giusta normalità, la tanto preziosa quanto rispettosa assistenza ad un momento così naturale come la nascita.

Lasciatelo stare. Lasciatelo fare. Lasciategli il tempo. Il sole si alza forse di colpo? Tra il giorno e la notte non indugia forse l’alba incerta e lenta, maestosa gloria dell’aurora? Lasciate alla nascita la sua lentezza e la sua gravità”(F. Leboyer)

 

 

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