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Sifilide, cause e pericoli in gravidanza

La sifilide in gravidanza

La sifilide rappresenta una tra le più temibili Infezioni sessualmente trasmesse (IST). Rientra nel gruppo di malattie infettive molto diffuso in tutto il mondo, che può essere causa di sintomi acuti, infezioni croniche e gravi complicanze. Un tempo note come malattie veneree e poi come malattie sessualmente trasmesse, sono state rinominate proprio con il termine di IST.

Gli agenti responsabili della sifilide si trasmettono attraverso qualsiasi tipo di rapporto sessuale, per contatto con i liquidi organici infetti. Si può contrarre la sifilide anche attraverso il sangue con i trapianti di organi o per passaggio dalla madre al feto o al neonato durante la gravidanza, parto o allattamento.

Sifilide, da cosa è causata

La sifilide è causata da un batterio, il “Treponema pallidum”, in grado di diffondersi nell’organismo e dare luogo ad un’infezione cronica progressiva con potenziale danno permanente a tutti gli organi.  L’infezione è causata da un batterio che si riproduce facilmente sulle mucose dei genitali e della bocca.  Il contagio avviene in seguito a rapporti sessuali non protetti da preservativo, sia genitali che orali, con una persona infetta. Negli ultimi anni si è nuovamente diffusa e il rischio di contrarla è aumentato. La sifilide è una malattia complessa e se non curata può portare a varie complicanze:  cardiopatie, demenza, cecità, paralisi e morte nei casi più gravi.

Diversi gli stadi della Sifilide

Il batterio della sifilide viene trasmesso attraverso contatto diretto con le lesioni che si manifestano nel corso della malattia e che spesso passano inosservate, poiché indolori. Sulla base dei rilievi clinici l’infezione sifilitica viene classificata in diversi fasi: primaria, secondaria e terziaria.

Il Treponema dopo un periodo variabile tra 1 settimana e 3 mesi dà luogo alla formazione di una lesione papulosa localizzata rosacea. La localizzazione più frequente è a livello del pene e del retto nell’uomo, e della vulva, vagina e cervice per la donna. Più raramente è localizzabile nel cavo orale e sulla pelle delle mani.

Sifilide in gravidanza, cosa fare

La sifilide, se contratta in gravidanza, può comportare gravi danni fetali per la sua trasmissione verticale. Se non trattata comporta un rischio di trasmissione fetale del 70-100%, con possibile morte endouterina fetale in un terzo dei casi. Lo screening sierologico, da effettuarsi con test specifico per il treponema, è raccomandato in tutte le donne alla prima visita e a fine della gravidanza. Ogni neonato dovrebbe lasciare l’Ospedale solo dopo che la valutazione sierologica della mamma sia stata effettuata almeno una volta.

Il farmaco per il suo trattamento è la penicillina G per via parenterale. Lo stesso farmaco, del resto, con documentata efficacia nella terapia dell’infezione anche in gravidanza. La penicillina è efficace sia nel trattare l’infezione che nel prevenire la trasmissione materno-fetale.

Sono in molti a raccomandare una seconda dose di antibiotico a distanza di una settimana in caso di sifilide primaria, secondaria e latente di recente insorgenza.

Le mamme trattate nella seconda metà della gravidanza sono a maggior rischio di parto pretermine o sofferenza fetale.

Come evidenziato dal Centro di Documentazione della Salute Perinatale e Riproduttiva la diagnosi di sifilide congenita è complicata dal passaggio transplacentare di IgG al feto, e quindi dalla difficile interpretazione dei test sierologici sul neonato.  La terapia neonatale va intrapresa in base a identificazione dell’infezione nella madre e trattamento effettuato sulla madre.

Fondamentale capire la presenza di segni clinici, radiografici, laboratoristici di sifilide nel bambino. Cruciale anche il confronto tra i titoli anticorpali materni e del neonato utilizzando lo stesso test e lo stesso laboratorio.

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