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Lavoro minorile, la storia del piccolo Iqbal nella giornata mondiale contro la schiavitù infantile

L’ultimo rapporto pubblicato dall’UNICEF fotografa ancora oggi una situazione drammatica riguardo il lavoro minorile. “I bambini di tutto il mondo sono regolarmente impegnati in forme, a volte retribuite altre volte non pagate, di lavoro”. Secondo l’organizzazione mondiale sono oltre 150milioni i bambini, tra i 5 e 14 anni, costretti a lavorare. Un numero enorme ma che potrebbe essere sottostimato. Spesso i bambini sono coinvolti in attività pericolose che possono compromettere il loro sviluppo fisico, mentale, sociale o educativo. Parliamo di un fenomeno che riguarda le aree più povere del pianeta, e in maggior misura l’Africa subsahariana, anche se non mancano bambini lavoratori anche nelle aree marginali del Nord del mondo.
Oggi è la giornata mondiale contro la schiavitù infantile. Proprio il 16 aprile si ricorda la morte del piccolo Iqbal Masih, il bambino operaio divenuto il simbolo della lotta contro il lavoro minorile.

La storia di Iqbal Masih

Iqbal Masih nacque nel 1983 in una famiglia pakistana molto povera. A quattro anni già lavorava in una fornace, a cinque fu venduto dal padre ad un venditore di tappeti per pagare un debito di 12 dollari. Fu quindi costretto a lavorare 10-12 ore al giorno, incatenato al telaio e sottonutrito, tanto da riportare un danno alla crescita.
Nel 1992 riuscì a uscire di nascosto dalla fabbrica e partecipò insieme ad altri bambini a una manifestazione contro il lavoro minorile. Ritornato nella fabbrica di tappeti, si rifiutò di continuare a lavorare malgrado le percosse. Il padrone sostenne che il debito anziché diminuire era aumentato a diverse migliaia di rupie, pretendendo di inserirvi lo scarso cibo dato a Iqbal, supposti errori di lavorazione eccetera. La famiglia fu costretta dalle minacce ad abbandonare il villaggio insieme a Iqbal, che ricominciò a studiare.
Dal 1993 Iqbal Masih cominciò a viaggiare e a partecipare a conferenze internazionali, sensibilizzando l’opinione pubblica sui diritti negati dei bambini lavoratori pakistani.
Nel dicembre del 1994 presso la Northeastern University di Boston ricevette il premio Reebok Human Rights Award. Vista la giovanissima età venne creata una categoria apposita: Youth in Action.
Iqbal morì in circostanze rimaste ancora oggi confuse e contraddittorie, il 16 aprile 1995, giorno di Pasqua. A soli 12 anni era diventato una scomoda voce di denuncia delle mafie tessili del Pakistan.

Lavoro minorile, un allarme silenzioso

Le cause dello sfruttamento del lavoro minorile sono le stesse dappertutto: povertà, disuguaglianza sociale e mancanza di istruzione. Secondo il rapporto dell’UNICEF, in molte zone rurali e impoverite del mondo, molti bambini non hanno alcuna alternativa reale. I bambini diventano anelli della catena di produzione di prodotti a bassissimo costo, che vengono venduti in tutto il mondo nell’indifferenza di tutti.  L’impiego di manodopera minorile si registra in modo massiccio nella produzione alimentare, ma anche nell’estrazione mineraria e nell’assemblaggio non organizzato. Piccoli operai che lavorano spesso in ambienti non sicuri dove sussiste un pericolo costante di incidenti.
In tutti i casi si tratta di minori costretti a condurre una vita di povertà, analfabetismo e privazioni. Bambini costretti a lavorare tutto il giorno per sopravvivere, se stessi e la loro famiglia. Bambini cui viene negata l’infanzia e rubato il futuro. In più le cattive condizioni di lavoro e la tenera età spesso sono causa di gravi problemi di salute.
Tra le tipologie di lavoro minorile rientra anche il lavoro di strada, ovvero l’impiego di tutti quei bambini che, visibili nelle metropoli asiatiche, latino-americane e africane, cercano di sopravvivere raccogliendo rifiuti da riciclare o vendendo cibo e bevande.
Altra faccia di questa tragica realtà è lo sfruttamento sessuale dei minori a fini commerciali, che coinvolge un milione di bambini ogni anno.

Una triste realtà che non può essere taciuta, in nome di Iqbal.

 

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