Ciuccio e ritardo del linguaggio: vi é o no una correlazione? Andiamo a scoprirlo con la dottoressa Eleonora Crocetta, laureata in Logopedia all’Università “La Sapienza” di Roma.
La logopedista, che per i lettori di Marmocchio ha già approfondito il tema delle balbuzie, andrà ad approfondire quale correlazione possa esservi tra l’utilizzo del ciuccio e il ritardo nel linguaggio. Lo faremo dopo aver già approfondito il disturbo del linguaggio nei bambini, per imparare a riconoscerlo.
Ciuccio e ritardo del linguaggio, quale relazione?
“Partiamo con il dire che non è il bambino a chiederci il ciuccio – svela la dottoressa Crocetta -, bensì noi ad offrirlo spesso con l’intento di trovarne conforto, quasi come un surrogato materno. È importante che il bimbo non ne faccia un uso assiduo, ma che lo usi in situazioni specifiche. Ad esempio per la nanna. Fondamentale, quindi, una prima regola: no al ciuccio 24 ore al giorno!
La suzione del ciuccio – spiega infatti la logopedista laziale – comporta l’applicazione di forze diverse rispetto alla suzione del capezzolo materno. La lingua non tocca il punto esatto, inoltre il bambino che ne fa un uso eccessivo tenderà ad avere alterazioni della postura linguale. Il rischio é pertanto quello di sviluppare un palato ogivale, con occlusione dell’arcata non corretta. Il tutto, é bene ribadirlo, solo quando ci troviamo di fronte ad un bambino che prende il ciuccio molto frequentemente”.
Ciuccio, va limitato per scongiurare un ritardo nel linguaggio?
“Un utilizzo frequente del ciuccio può comportare problemi di respirazione, deglutizione atipica, atteggiamento da respiratore orale e cioè lingua interposta fra i denti e bocca aperta. Tutto questo – evidenzia la logopedista Eleonora Crocetta – può causare un ritardo nel linguaggio, con annesse difficoltà di articolazione per alcuni fonemi specifici. Quindi, si può darlo al bambino limitandone l’uso i tempi nell’arco della giornata. Può rappresentare per il bambino un momento di conforto, quindi è importante saperlo offrire solo ed esclusivamente nei momenti opportuni”.
Quando toglierlo per evitare ritardi nel linguaggio?
“Intorno ai 2 anni si deve intraprendere il percorso graduale che porterà all’abbandono del ciuccio, entro e non oltre i 3 anni del bambino. Esistono anche delle tecniche per avviare il processo di abbandono in maniera graduale e senza traumi.
Per il bimbo è importante che lo si faccia con il supporto genitoriale, preparandolo anticipatamente. Ciò diventa importante per scongiurare ritardi nel linguaggio legati proprio ad un sovrautilizzo.
In caso di bisogno ci sono in libreria anche tanti testi che in forma di storia raccontano al bimbo come affrontare questo delicato momento. Libri da sfogliare insieme alla mamma e al papà – conclude la logopedista – o a chi lo vive, e lo accompagna, nel suo processo di crescita”.
Articoli correlati:
- Ciuccio: si o no? In lattice o silicone? Tante le curiosità per far fronte alla voglia di suzione di ogni neonato
- Disturbo del linguaggio nei bambini, come riconoscerlo
- Balbuzie nei bambini, la Logopedista spiega cosa fare
Continua a leggere su marmocchio: