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Esogestazione: 9 mesi a contatto con la mamma

Siamo sicuri che la gestazione si limiti ai 9 mesi di gravidanza ossia la cosi detta endogestazione?  Si è propensi sempre più a considerare  l’esogestazione, i 9 mesi a contatto con la mamma come il proseguio della gravidanza. Un periodo questo che permette al bambino di completare quello sviluppo cognitivo e motorio che nel grembo materno non era più possibile. In quest’ottica quindi si potrebbe parlare di una gestazione che dura ben 18 mesi, ciascuno mese  fondamentale e  indispensabile  per lo sviluppo del bambino e per la conoscenza reciproca mamma -figlio. La dottoressa ostetrica Pamela Morganti ci aiuterà a capire quanto siano essenziali questi mesi di esogestazione.

La gestazione umana dura 18 mesi

I cuccioli “umani” sono animali tanto quanto gli altri cuccioli “mammiferi”. Come loro quindi  alla nascita conservano comportamenti istintivi e primordiali che gli permettono la sopravvivenza. La gestazione umana dura 18 mesi: 9 all’interno ( endogestazione) e 9 all’esterno ( esogestazione).  La dottoressa Morganti sottolinea l’importanza di parlare ai genitori di queste due fasi. E’ necessario spiegare che il feto è già un essere umano con una propria personalità e carattere, che risponde agli stimoli e si relazione a suo modo con il mondo esterno. Una volta nato, in realtà non sa nemmeno di essere “nato”. Nei parti avvenuti in acqua si può constatare come il neonato non si renda conto del passaggio che vi è stato. Venendo al mondo in maniera “dolce e naturale” istintivamente, poggiato sul grembo materno, piano piano risale fino a trovare il seno per attaccarsi.

L’istinto di suzione è INNATO nelle prime 2 ore dopo il parto, ed è quello che permette il bonding, ossia l’attaccamento mamma bambino e il conseguente innamoramento. Il neonato per tutti i primi 9 mesi della sua vita quello di cui andrà alla ricerca è quello che aveva in utero:

  • calore
  • confini ben definiti
  • spazi ristretti che spiega il voler stare in braccio
  • il battito del cuore
  • la voce
  • l’odore ed il latte materno, che caldo e con lo stesso sapore del liquido amniotico rappresenta per il  neonato il continuo del grembo

Per il neonato qualsiasi stimolo nuovo come lo può essere una nuova luce o un rumore diverso possono creargli ansia e paura. Sarà normale quindi per lui piangere per comunicare il suo disagio e richiamare l’attenzione dei genitori, specie della mamma. Così facendo ritrova nel seno ( per gli allattati al seno) e/o nelle braccia la sicurezza e la protezione.

La teoria dell’attaccamento

Fu lo psicologo, medico e psicanalista britannico John Bowlby ad elaborare  la teoria dell’attaccamento. Discostandosi dalla teoria di Freud in base alla quale lo sviluppo del bambino si affermava attraverso la fase orale , anale e infine genitale, Bowlby arrivo a teorizzare che lo sviluppo del piccolo avviene grazie alle emozioni. Attraverso i suoi studi, le sue ricerche ed osservazioni capì che l’attaccamento svolge un ruolo determinante nelle relazioni tra gli esseri umani, nel corso di tutta la loro vita. Dimostrò che la personalità e il suo equilibrio interiore dipendono dal tipo di attaccamento che c’è stato con la figura materna o una figura sostituta.

Le conclusioni alle quali arrivò Bowlby furono ispirate dagli studi condotti dall’etologo Konrad Lorenz e  dagli esperimenti di Harry Harlow.  Lorenz teorizzò l’imprinting osservando che gli anatroccoli appena nati riconoscevano la figura “materna”  in coloro i quali si prendevano cura ed interagivano con loro nelle prime 48 ore di vita, fossero un’oca, un altro animale o persino un uomo. Famosa e commovente l’esperienza di Lorenz con  la sua piccola anatroccola Martina.

Harlow attraverso i suoi esperimenti e l’osservazione dei cuccioli di macacho, intuì che l’attaccamento non dipende dal bisogno di nutrirsi. Le piccole scimmie davanti ad una mamma finta di metallo ma che aveva un biberon e un’altra mamma finta morbida e pelosa  ma priva di biberon i cuccioli dimostravano evidente preferenza alle mamme morbide e accoglienti. E’ il contato fisico che trasmette protezione, sicurezza, conforto. Anche la semplice presenza o meno della mamma fantoccio determinava cambiamenti negli atteggiamenti dei piccoli macachi. In presenza della finta mamma morbida si sentivano più sicuri di scoprire lo spazio circostante, in mancanza di essa si trovano spaesati, impauriti.

L’importanza dei 9 mesi di esogestazione

Appena nati i neonati sono istintivamente consapevoli che senza la mamma ( ed anche il papà) non sarebbero in grado si sopravvivere. I primi mesi sono determinati da una continua ricerca della mamma, di cui pensano di essere parte. I 9 mesi di esogestazione permettono al piccolo poca o a poco di prendere consapevolezza del se,  di sperimentare lo spazio circostante e di percepire la mamma come un’entità distinta da loro stessi. Queste scoperte stimolano sentimenti quali la paura dell’abbandono e l’ansia da separazione. Tra il settimo mese e il primo anno del bambino si parla proprio di ansia da separazione del bambino dalla mamma con conseguente “mammite acuta”.

E’ quindi estremamente importante assecondare i bisogni fondamentali del bambino, intesi non solo quelli del mangiare, essere scaldato e pulito. Uno dei bisogni fondamentali primari è proprio quello del contatto. I neonati si nutrono di contatto tanto che di latte, coccole, carezze, sorrisi. Saper cogliere e interpretare i suoi segnali e bisogni darà al piccolo sicurezza, lo farà sentire accettato e benvoluto. Un neonato i  cui genitori hanno sempre risposto alle sue richieste, sarà un bambino ed un futuro adulto più indipendente e sicuro. Sarà fiducioso e saprà instaurare rapporti  e relazioni sani. Avendo avuto la certezza della presenza genitoriale non avrà timore ad allontanarsene, sicuro che in qualsiasi istante tornerà loro saranno ancora la per lui.

L’esogestazione: 9 mesi da vivere intensamente

Contrariamente a tante teorie degli ultimi 20 anni, Pamela Morganti spiega si sia fatta una netta distinzione tra i capricci e i bisogni del neonato.  Un neonato di qualche mese non è in grado di “ricattare” ne di calcolare.  Un neonato è un cucciolo che si comporta secondo istinti atavici e primordiali. Non ci sono regole per rapportarsi ad un neonato, solo seguire l’istinto e assecondarlo sempre.

<<L’allattamento a termine, il co sleeping, la disciplina dolce, il baby wearing, sono tutti comportamenti innati della nostra specie e supportati da evidenze scientifiche.-  conclude Pamela Pamelòa Morganti – Amateli, respirateveli, viveteli il più possibile i vostri cuccioli, crescono in fretta!>>.

In collaborazione con la Dott.ssa Ostetrica Pamela Morganti, autrice della pagina Facebook Pamela…un’ostetrica per amica, laureata dal 2011 presso  l’Università di Tor Vergata in Ostetricia. Si è specializzata successivamente: CAN ( Corsi di Accompagnamento alla Nascita), Allattamento, Emergenze Ostetriche, Diagnosi Prenatale, Bonding, Cesareo dolce e Assistenza alla Gravidanza Fisiologica.

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