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Fragilità materna e depressione, il trattamento farmacologico in gravidanza e nel post parto

Prendo spunto da un fatto di cronaca recente per parlare di depressione e della vulnerabilità della donna nel momento in cui va incontro alla gravidanza e alla maternità. In un Ospedale di Savona, qualche settimana fa una neo mamma ha portato il suo neonato di un mese di vita presso il reparto di Pediatria, con il pretesto di una crescita del piccolo non conforme all’età, ha spiegato poi la madre ai medici. In realtà, affranta dal pianto continuo del bimbo e incerta sul da farsi, stanca e priva di punti di riferimento decide di abbandonare il bimbo, lasciando una lettera testimone nella quale ella ripete ossessivamente “Con me piange sempre. È meglio che non lo cresca io”.

Siamo di fronte all’ennesima neo mamma che porta con sé vissuti di inadeguatezza, nella convinzione di non essere capace a sintonizzarsi sui bisogni del figlio ma sopratutto di non poterlo accudire e crescere con le sue forze. Un caso delicatissimo e doloroso insieme questo, che ha visto poi il ricovero della mamma insieme a suo figlio in quanto sofferente di una probabile depressione post partum.

Depressione in gravidanza e “Baby Blues”

La Baby Blues, come già specificato in precedenza, colpisce il 70% delle donne nel post parto e si caratterizza per uno stato d’umore depresso transitorio (con insonnia e crisi di pianto), che si risolve in una o due settimane dal parto. Quando tale condizione persiste per almeno un mese, il rischio che si trasformi in depressione è molto alto, diventa per cui necessario un trattamento psicoterapico e farmacologico, nei casi più gravi.

Trattamento farmacologico per le neo mamme

Il Prof. Cesario Bellantuono, eminenza della Psichiatria e Psicofarmacologia Clinica, ed Esperto in Psicopatologia Perinatale afferma che: “la possibilità o meno di somministrare farmaci in gravidanza e allattamento prevede un’attenta valutazione da parte dello psichiatra perinatale, dei rischi legati sia al trattamento farmacologico che alla sua mancanza, a partire dagli effetti sulla salute della donna, del nascituro e sull’andamento della gestazione”, spiega Bellantuono.

La depressione post partum è il campanello dall’allarme che circa il 50% delle donne in gravidanza hanno sofferto d’ansia o depressione. Nelle situazioni più gravi, la donna manifesta la volontà d’interrompere la gravidanza a causa del fatto di non trovare risposta consona alla sua richiesta d’aiuto. Ancor peggio, decide di commettere suicidio con un tasso d’incidenza dal 2% al 4%.

Bellantuono precisa che “è stato dimostrato da una seria di studi pubblicati su prestigiose riviste internazionali e confermato da recenti linee guida, che i farmaci antidepressivi hanno un rischio di indurre malformazioni congenite, nell’ambito di quello che viene riportato nelle donne gravide non esposte a psicofarmaci, che varia dal 2% al 4%. Le malformazioni possono essere causate anche da anomalie cromosomiche o alterazioni genetiche. Quindi circa il 70% di malformazioni congenite riscontate nei neonati della popolazione generale sono tuttora di origine sconosciuta”.

Chiarisce il Professore, “gli antidepressivi non sono farmaci da considerare a maggior rischio di indurre malformazioni di organo, anche se somministrati nel primo trimestre di gravidanza”.

Sempre secondo Bellantuono, “gli antipsicotici di nuova generazione sono in commercio da più di 20 anni e come gli antidepressivi sono da considerare relativamente sicuri anche in gravidanza. La decisione di non trattare il disturbo psichico non è una scelta neutra” osserva l’Esperto, “sopratutto perché non emerge da studi recenti che questi farmaci siano a rischio di indurre malformazioni o gravi complicanze nel neonato”.

Lo Psichiatra infine afferma che le donne in gravidanza possono anche manifestare disturbi di tipo psicotico che, tuttavia, sono meno frequenti, anche se più gravi di quelli depressivi e ansiosi.

Serve assistenza e maggiore consapevolezza

Rivolgersi a centri specializzati quali quelli di Bergamo, Padova e Roma, consente alle mamme o a chi per esse di reperire, attraverso contatti telefonici indicazioni più aggiornate rispetto ad eventuali rischi sull’assunzione di psicofarmaci in gravidanza e durante l’allattamento.

La mancanza di conoscenza e una cultura della maternità cristallizzata, oltre che una coscienza sociale sonnacchiosa, rende ancora oggi difficile adottare politiche sociali di prevenzione nei confronti di questi temi, che appaiono doverose.

La donna in attesa deve poter nutrire la certezza che in caso di difficolta, ella possa trovare la dovuta accoglienza, saper dove e a chi riferirsi per ricevere risposte efficaci alla sua domanda d’aiuto, per non sentirsi più sola e inerme.

Dott.ssa Francesca G. Camìsa Parenzan

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