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Comunicare con il proprio bambino prima della parola si può con Baby Signs Italia

Quante volte mamme e papà si sono chiesti come tradurre il pianto del proprio bambino o come interpretare un certo atteggiamento? Comunicare con il proprio piccolo prima che insorgano le prime paroline è in realtà possibile. Il Programma Baby Signs ( www.babysignsitalia.com) insegna proprio ai genitori la comunicazione gestuale.

Il programma nato circa trent’anni fa negli Stati Uniti ha dimostrato nel tempo come l’adozione di un vocabolario gestuale stimoli i bambini nello sviluppare poi un vocabolario più ricco e nel produrre frasi più lunghe e complesse. Una comunicazione precoce del bambino per mezzo di semplici gesti rafforzerà il legame coi genitori. Il piccolo si sentirà capito, la sua autostima sarà rafforzata e lui imparerà a comunicare emozioni e stati d’animo.

Abbiamo incontrato la dottoressa Mariapaola Scuderi Responsabile Scientifico di Baby Signs Italia per farci raccontare le peculiarità di questo programma da lei importato nel nostro paese.

Baby Signs è un movimento nato negli Stati Uniti. Come è nata l’idea d’importarlo in Italia?

Baby Signs nasce più di trent’anni fa negli Stati Uniti. Negli anni ‘ 80 le psicologhe Linda Acredolo e Susan Goodwyn,studiando i comportamenti comunicativi innati di bambini molto piccoli, trassero i loro primi risultati che poi sfociarono nel programma.

Io sono logopedista quindi con la mia professione lavorando insieme a bambini con importanti difficoltà linguistiche e comunicative, mi sono trovata ad utilizzare anche con i segni, strumenti potenti per supportare la comunicazione e il linguaggio verbale.

Cinque anni fa, diventata mamma, ho scelto d’inserire alcuni segni nella comunicazione con mio figlio. E poi per caso un’ amica psicologa croata , mi parlò del programma, che aveva scoperto in Croazia. Da quel momento mi si è accesa una lampadina. Quello che avevo utilizzato per lavoro con bambini che avevano difficoltà con la parola e quello che avevo intuito come mamma andava approfondito e studiato.

Come è stato adattato il modello per i bambini e genitori italiani? Ogni cultura ha insita in se stessa anche una peculiare gestualità.

Si, è stato condotto un vero proprio lavoro di adattamento per diffondere il programma in Italia. Il lavoro si è sostanzialmente sviluppato in tre fasi.

Per prima cosa era necessario capire quali parole da trasformare in segni fossero più utili per i bambini italiani. In America per esempio vocaboli come tacchino, marines, esercito sono di uso quotidiano e comune perchè indicativi della loro specifica cultura. Abbiamo operato una scelta e individuato 175 vocaboli che meglio s’inseriscono nel lessico dei bambini italiani, consultando anche Il primo vocabolario del bambino di Caselli – Casadio.

Abbiamo poi voluto rispettare la lingua dei segni italiana e nel fare questo abbiamo individuato per ciascuna parola scelta il segno più facile da realizzare.

Questa seconda fase di lavoro per me è stata molto importante perchè dando voce anche alla mia anima logopedista ho voluto fosse creato un ponte con la comunità Sorda. Un bambino che prima di parlare comunicherà per mezzo dei segni sarà più facilitato nel porsi in relazione con un coetaneo sordo, per esempio.

La terza ed ultima fase del lavoro è consistita nel realizzare il materiale didattico di supporto che consegniamo ai genitori. Materiale pensato e ideato calandolo nella realtà tipica italiana.

Il progetto Baby Signs è un metodo di tipo gestuale, per aiutare il bambino a comunicare prima di avere acquisito la padronanza della parola. Ci può spiegare meglio…

Prima di tutto mi piace spiegare come il termine “metodo” sia inesatto e fuorviante, perchè induce a pensare ad un qualcosa di rigido e strutturato. Il Baby signs è un approccio che s’ inserisce tra genitore e bambino in modo naturale. E’ un’opportunità di potenziamento della comunicazione, un programma sempre in accompagnamento alla parola. L’obiettivo del programma è insegnare al bambino dei segni, dei gesti che hanno un significato, così da permettergli di facilitare la comunicazione precoce con i genitori. Il piccolo potrà comunicare non solo i suoi bisogni ma molto altro come emozioni, interessi, stati d’animo e ricordi.

Si tende a pensare che un bambino molto piccolo possa manifestare solo bisogni primari come fame, sonno, sete, e poco altro. In verità il bambino messo nelle condizioni di potersi far capire ha moltissimo da “dire” a mamma e papà. Il bambino capito si sentirà un bravo comunicatore e i genitori si porranno nei suoi confronti in maniera diversa.

Il programma si rivolge orientativamente ai bambini dai 6 mesi ai 2 anni. Ma in realtà è un periodo solo orientativo: non ci sono paletti rigidi, perchè ciascun bambino ha la sua individualità ed i suoi tempi nello sviluppo e nella sua crescita.

Questo metodo frena o stimola maggiormente i bambini poi anche nell’apprendimento del linguaggio?

L’utilizzo dei segni mi piace sempre sottolineare è di supporto al linguaggio verbale. Da studi e ricerche sviluppate intorno al programma è emerso come, a 24 mesi, vi sia un vantaggio di circa tre mesi nel capire, produrre parole e frasi tra i bambini che hanno adottato anche un vocabolario gestuale.

Bisogna considerare la gestualità e il linguaggio come un sistema unico. Un bambino in maniera spontanea alza le braccia per farsi prendere in braccio, adotta un suo sistema gestuale per farsi comprendere. I primi passi comunicativi i bambini li fanno proprio attraverso i gesti. C’è un legame indissolubile tra la gestualità spontanea e la verbalizzazione, i gesti e le parole condividono l’aspetto concettuale. Pensiamo alla parola caldo; il bambino che utilizza il gesto “CALDO” quando la pappa scotta ne ha già acquisito il concetto.

Il programma Baby Signs riduce la sensazione di frustrazione del bambino che non riesce a farsi comprendere. E se il bambino è un po più grande, e non ha ancora un buon linguaggio verbale, sarà uno strumento ancora più prezioso.. La meraviglia del Programma Baby Signs è poter vedere il volto dei bambini quando finalmente sono capiti, quando riescono a comunicare quello che hanno dentro. Per esperienza prima si avvia il programma Baby signs meglio è.

I primi due anni di vita del bambino sono fondamentali per quel che sarà domani. E una delle variabili che influenzano lo sviluppo emotivo e sociale del bambino è quanto ha comunicato e comunica con mamma e papà.

Di quanto tempo necessitano i genitori per apprendere il metodo e poterlo mettere in pratica con il proprio bambino?

Il workshop Baby Signs ha una durata di circa 2 ore e mezzo. Si consiglia che partecipino due persone del medesimo nucleo famigliare. Lavoriamo in piccoli gruppi per dar modo di realizzare un progetto a misura di famiglia, individualizzato ( massimo 6 coppie di genitori). Si familiarizza con i segni e l’istruttore accompagna i genitori ai segni che possono essere più affini al loro modello familiare.

Viene delineato un programma personale, partendo generalmente da una base di sette segni. La partecipazione di entrambi i genitori è fondamentale e determina in maniera evidente la riuscita del programma. La cosa bella che emerge dai questionari finali che i genitori compilano è che il programma risulta facile e divertente. Non viene percepito come un qualcosa di didattico e al contrario viene inserito in modo spontaneo nella quotidianità familiare.

I genitori, e nello specifico la mamma comunica con il proprio bambino attraverso la mimica facciale, il corpo, i segni fin dalle prime ore di vita del bambino. Insegnare un metodo “standardizzato” non rischia di frenare un poco la comunicazione istintiva e personale tra madre e figlio?

Il concetto principe è: flessibilità. Noi suggeriamo dei segni, indichiamo il binario sul quale cominciare il viaggio, ma poi il percorso è libero. Ciascuno dovrà contestualizzare il programma alla sua famiglia, costruire il proprio vocabolario gestuale utilizzando anche i segni suggeriti dal bambino stesso. I gesti proposti e insegnati sono una traccia che poi sarà arricchita e personalizzata. La sola regolina è che una volta “codificato” un segno in famiglia deve rimanere quello.

Se il bambino frequenta l’asilo nido è giusto comunicare alle insegnanti il programma che si segue coinvolgendo attivamente anche le maestre.

I vostri Workshop sono rivolti solo ai genitori o anche agli educatori?

Lavoriamo anche con gli educatori perchè l’uso del segno arricchisce la comunicazione e permette ad operatori e bambini di interagire armoniosamente.

Inizialmente il nostro lavoro era pensato per gli educatori degli asili nido, ma di anno in anno l’interesse per il programma si è accresciuto anche all’interno delle scuole d’infanzia. Sempre più bambini arrivano infatti ai tre anni con un linguaggio ancora non sufficientemente sviluppato. Nel nord Italia ci sono già asili certificati Baby Signs.

Speriamo che il programma poco a poco venga conosciuto in tutta la penisola.

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