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Cause e terapie di un aborto spontaneo. Quando provare ad avere una nuova gravidanza

Si parla di aborto spontaneo (o naturale) quando la gravidanza s’interrompe entro circa la ventesima settimana di gestazione. Dopo le 24 settimane di gestazione si parla invece di nascita prematura. L’aborto spontaneo è assai frequente e spesso avviene ancor prima che la donna si renda conto di essere incinta. In termini percentuali si oscilla da un 10% fino ad un 25 % d’interruzioni di gravidanza spontanee che avvengono principalmente entro il primo trimestre.

I sintomi di un aborto spontaneo

L’aborto naturale, se si manifesta dopo un paio di settimane dal concepimento, può essere interpretato come una normale mestruazione arrivata in ritardo e più abbondante della norma. Se l’aborto avviene dopo la terza settimana dal concepimento potrebbe manifestarsi con emorragia, forti crampi e dolori addominali. Si possono manifestare anche perdita di liquidi e tessuti della vagina e inoltre spariscono i sintomi della gravidanza come per esempio eventuali nausee o la  tensione al seno.

Gli aborti interni  possono essere asintomatici. In quest’ultimo caso è necessaria un’ecografia per diagnosticare l’interruzione di gravidanza.

E’ importante evidenziare che piccole perdite di sangue si presentano in molte gravidanze che vengono portate a termine senza problemi.

Qualora si presentasse uno o più sintomi è importante consultare il proprio ginecologo prontamente per verificare lo stato della gravidanza.

Le cause di un aborto

Le cause più comuni che concorrono a causare un aborto spontaneo sono:

  • al 50% problemi genetici e cromosomici del feto
  • al 10% malformazioni uterine, infezioni o aderenze
  • il 20%  correlato a problemi della  fase luteale , fase che va dall’ovulazione fino all’arrivo delle mestruazioni, quando si forma il corpo luteo, che produce progesterone per preparare l’utero ad un’eventuale gravidanza
  • svariate cause di natura ormonale, di natura immunologica, infezioni, problemi degli spermatozoi, diabete e ipotiroidismo

Nel primo trimestre più della metà dei casi di aborto, quindi, dipende da un’anomalia cromosomica nel feto, dovuto spesso ad un problema dello sperma o dell’ovulo, che non permette al feto di svilupparsi normalmente. Concorre anche l’età dei genitori, in particolare della madre, ma può succedere a qualunque coppia e non significa che ci siano problemi nei genitori stessi.

E’ naturale che tra i fattori di rischio non si possono non menzionare il fumo, l’obesità, l’utilizzo di alcolici e droghe.

Nel  secondo trimestre possono rappresentare un rischio maggiore per la gravidanza gli eventuali problemi di salute della mamma: diabete, pressione alta, malattie renali, ipotiroidismo e ipertiroidismo, infezioni ( es. citomegalovirus) e intossicazioni alimentari, anomalie uterine e sindrome dell’ovaio policistico.

La terapia in caso di aborto naturale

Se l’aborto naturale  si conclude senza lasciare residui e altri tessuti della gravidanza all’interno dell’utero la donna non deve seguire alcuna terapia; questo accade sopratutto quanto l’aborto spontaneo avviene all’inizio della gravidanza.

Nell’eventualità che il corpo non riesca ad eliminare tutti i tessuti autonomamente con il proprio ginecologo si valuterà la strada da percorrere.

Dopo aver diagnosticato l’aborto naturale si lasciano trascorrere  un paio di settimane al massimo, nell’attesa che il fisico si ripulisca attraverso una sorta di mestruazione. Con un’ecografia di verificherà il tutto. Se il sanguinamento dovesse farsi troppo abbondante, accompagnato da forti dolori e febbre si raccomanda di contattare il Pronto Soccorso.

Terapia farmacologica

Valutata la situazione specifica il medico potrà prescrivere  farmaci che aiutino l’eliminazione totale, ma la paziente sarà sempre tenuta sotto osservazione.

Terapia chirurgica

Può presentarsi  la necessità di sottoporre la paziente a un intervento chirurgico di raschiamento per la rimozione del tessuto residuo, in anestesia locale o totale.

Terapia psicologica in seguito a un aborto

Un aborto spontaneo provoca emozioni e dolore alla stregua di un vero e proprio lutto che dev’essere elaborato. I sentimenti provati oscillano e mutano tra senso di colpa, shock, depressione,  tristezza e anche collera nei confronti di amici che hanno avuto gravidanze felici.

Non c’è una regola univoca. Alcune donne reagiscono nel breve e pianificano una nuova gravidanza, per altre c’è bisogno di più tempo per affrontare il trauma.

Un aborto può destabilizzare la coppia. Per questa ragione  è importante che s’instaurino dialogo, ascolto e sostegno vicendevole.  Se necessario non bisogna aver paura di chiedere l’aiuto di amici, parenti e anche di professionisti per avvalersi di una terapia psicologica.

Dopo quanto restare incinta di nuovo?

A tale proposito i pareri dei medici non sono univoci. Le linee guida dell’OMS consigliano di attendere almeno sei mesi prima di cercare una nuova gravidanza. Secondo altri pareri medici il concepimento che avviene entro i sei mesi è associato ad un più basso rischio di incorrere in un secondo aborto naturale. E’ importante valutare lo stato emotivo e psicologico della donna, consultandosi con il proprio medico per valutare la propria personale  situazione.

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